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Arte

La creatività, fra tendenze e tradizione

Riflettendo sulla mostra che è stata allestita al Museo cantonale di Lugano

L’esposizione allestita dal Museo Cantonale d’arte a Lugano, con il sottotitolo « Uno sguardo sulla scena artistica emergente in Ticino » merita un’ulteriore riflessione. Effettivamente essa fornisce un’informazione su cosa sta accadendo a livello collettivo, le cose che tanti autori stanno facendo.

Tuttavia la denominazione «emergente » è difficile. Qualità che emerge sopra la qualità di altri? Oppure questo « emergente » dev’essere preso come uscire da ombrosa cantina per salire alla luce ossia essere evidenziato, essere manifestato? In realtà nessuno di questi artisti è alle prime armi. La loro età è in maggioranza attorno ai trenta o quarant’anni, ma anche sopra i cinquanta. Tutto il museo ha preso un aspetto di videogioco panoramico, i cui estremi, quanto al contenuto di pensiero, sono il ludico, il senso dell’assurdo, la tecnologia e la sua negazione, la società di massa e di nuovo la sua affermazione e negazione, il rapporto bivalente e contraddittorio con la natura, vicina e lontana assieme, conquistata e persa. La mostra, eterogenea nei temi e soprattutto nei mezzi usati, paradossalmente è riuscita pressappoco omogenea, perché almeno su un paio di questioni ha trovato unità:ad artisti differenti sono in comune l’uso di mezzi espressivi largamente diffusi nella seconda meà del secolo scorso, e la ricerca del rapporto tra uomo, tecnica e natura e tra uomo e civiltà circostante.

Sulle situazioni organizzative il giornale già ha riferito. Mettiamo comunque in risalto una domanda, che riguarda non qualche singolo artista o qualche opera, ma proprio l’insieme. Troviamo che sono assenti, nella rassegna, la pittura e la scultura, se non per qualche accenno subordinato ad altre funzioni. Vuol dire che in questa selezione il disegno, la pittura ecc.

non sono stati scelti? Oppure vuol dire che non in questa selezione, ma nella realtà del lavoro effettivamente eseguito dagli artisti il disegno e la pittura sono eliminati? La presentazione della mostra è arrivata fino alla soglia della domanda, ma la domanda non è stata pronunciata, e meno ancora è stata pronunciata la risposta. Intendiamoci: allestire una mostra di tendenza è sempre perfettamente lecito, vuol dire che la prossima volta sarà fatta emergere una tendenza diversa. In realtà a noi sembra che fra gli artisti al lavoro oggi nel vasto mondo, e che abbiano la medesima età dei quattordici qui presenti, sia facile reperire anche quelli che dipingono e scolpiscono. Significa mettere in chiaro il concetto di tradizione: una tradizione consolidata, visto che l’arte figurativa funziona da almeno quarantamila anni, dalla pittura paleolitica in caverna fino al luglio 2006. Ciò che è caduto e tramontato non è la tradizione, bensì il monopolio unilaterale della tradizione:questo sì. Nella realtà si continua anche a scolpire e anche a dipingere, e in più si sono aggiunte le nuove tradizioni:la fotografia, dall’ Ottocento; il montaggio di oggetti polimaterici e industriali; la videoarte. Tali tradizioni recenti sono cariche di potenzialità, e nessuno è in grado di fare un inventario preventivo di quanto possono offrire. Quanto al catalogo, osservo che esso stranamente contiene alcune incongruenze sia nel testo che nelle illustrazioni. Esempio testo:per la bella installazione di Fabrizio Giannini mette tra l’altro la frase «tamburellare delle dita sul bracciolo della poltrona». No. Solo a lenti intervalli un dito si solleva e riabbassa, con movimento estesi al polso e parte visibile dell’avambraccio.

Esempio illustrazione:per Laura Solari, che ha meritato il premio Migros di incoraggiamento artistico, l’illustrazione sul catalogo raffigura un oggetto simile a quello esposto nel museo – ma non è quello!

Ricordiamo gli altri artisti:Al Fadhil, immagini dall’ Iraq; Davide Cascio, collage e installazioni; Umberto De Martino, vita e morte non in sé ma nella percezione; Donato Di Blasi, oggetti in città; Ivana Falconi, opere poli-iconiche con polibambole; Luca Frei, acuminate foto seriali urbane; Prisca Groh, voci e immagini (mistiche) dall’ Iran; Andrea Gysin e Sidi Vanetti, palle da tennis fatte solo di dischi di luce videoacustici; Pritta Martikainen, trasformazione della natura in foto; Gian Paolo Minelli, varianti nuove tecnologicamente riattualizzate del mercato popolare (inconsapevolmente della Vucciria di Guttuso); Una Szeemann, plurifotocollage della fine di un criminale mercante di droga; Matteo Terzaghi e Marco Zürcher, citazioni acculturate in tono ironico critico e affettuoso.

Giuseppe Curonici

Corriere del Ticino 28.06.2006